Nostalgia fondatrice (1990-2011)
Come i padri fondatori dell’arte italiana del secolo scorso, Ruffini riplasma miticamente il proprio mondo e quello dei suoi ricordi riportandoli nelle sue opere in maniera simbolica: Ruffini per rappresentare queste tematiche non guarderà più intorno a sé ma appunto dentro di sé.
Questo caratterizza le opere dell’ultimo periodo della sua vita.
Poi la “pelle sull’occhio”, il filtro lirico attraverso il quale nominare il mondo, registra un’ulteriore slittamento: l’allegoria si complica, così come si complicano i piani compositivi della pittura di Ruffini. In molti casi si tratta di una meditazione sulle forme dell’arte, dello scorrere di citazioni emblematiche che attraversano senza soluzione di continuità la maturità dell’autore.
Da un lato, la sua pittura assume la configurazione violenta, espressionista, insiste sulle lacerazioni, sulle ferite dei corpi, sulla loro corrosione di volti che hanno annullato ogni umanità. Una pittura “nera”, dove si annidano reminiscenze di Otto Dix, o di Georg Grosz.
Dall’altro, Ruffini cerca di offrire una faticosa ricomposizione della vita e delle sue forme, anche nei modi enigmatici, quasi metafisici, attraverso un gioco speculare di ricorsi e di ricordi, dove Pablo Picasso e Giorgio Morandi, Filippo De Pisis e Giorgio de Chirico, Carlo Carrà e René Magritte, dialogano sullo spazio puramente ipotetico della tela.
Al Catalogo ragionato, suddiviso in questi 4 capitoli, si affianca il Catalogo generale, che contempla pressoché tutte le opere di Giulio Ruffini (suddivise per temi ordinate in ordine cronologico).